


I mercati fanno battere il cuore!
È una cruda verità che non ha nulla di romantico e le conseguenze sui portafogli di molti clienti sono considerevoli e, spesso, addirittura deleterie. Tuttavia, ciò che davvero comporta scelte inefficienti e improduttive è un altro tipo di volatilità, quello di carattere emotivo che si scatena tra gli investitori di fronte alle fibrillazioni dei corsi azionari e che fa paventare scenari tremendi e perdite irrecuperabili.
Si è soliti parlare di volatilità di mercati e citare gli indicatori che la misurano, tra i quali il VIX (Volatilty Index) ) è senza dubbio il più conosciuto e, forse, il più importante. Esso fa riferimento alla volatilità implicita delle opzioni sullo S&P500 e offre una previsione della variabilità del principale indice azionario americano nei successivi 30 giorni. Non è casuale riferirsi al VIX come all’indice della paura.
Non esiste, invece, un indice noto capace di misurare la volatilità emotiva degli investitori, la quale tuttavia può essere testata da consulenti e clienti in quei particolari momenti in cui i mercati patiscono brusche frenate o si esibiscono in ascese ardimentose. In tali frangenti, i comportamenti sono ovviamente asimmetrici e se, nel primo caso, la volatilità emotiva provoca un fuggi fuggi generale, nel secondo caso produce un surplus di avidità che porta comunque a scelte quantomeno discutibili.
Gemelle diverse
È noto che la paura e l’avidità siano due spinte emotive contrapposte, capaci di dare vita a vere e proprie montagne russe emozionali, ed è purtroppo altrettanto chiaro che questa consapevolezza razionale venga quasi completamente obnubilata laddove il lavoro dei neurotrasmettitori cerebrali crea i presupposti per la manifestazione eclatante di tali emozioni, con le più note conseguenze.
Nel 2014, una ricerca della Cornell University fece emergere un dato piuttosto singolare che, tuttavia, la stessa autrice, la professoressa Vanessa Bohns, definì “interessante, ma senza i crismi per un’interpretazione troppo ampia dei risultati”. La scoperta evidenziava come il testosterone avesse un ruolo determinante nella formula dell’avidità e ne fosse, in qualche modo, l’ingrediente fondamentale.
Sebbene, come detto, non si tratti di una verità scientifica estesamente dimostrabile, è tuttavia innegabile che gli attori delle scelte di investimento (o disinvestimento), in cui paura e avidità regnano a turno, siano soprattutto gli uomini. Secondo reiterate analisi sulle differenze di genere relativamente ad alcuni comportamenti, gli uomini – più delle donne – sono votati alla temerarietà e sono maggiormente caratterizzati dalla convinzione di poter cogliere i momenti giusti per entrare o uscire dai mercati.
La natura dei mercati
Perché i mercati sono volatili? Perché questa è la loro natura e perché le idee e i convincimenti collettivi – quando convergono in modo significativo verso una direzione – rompono gli equilibri e producono forme di parossismo generale che scatenano condotte da gregge. L’esperienza ci dice che non ci sono antidoti capaci di estirpare queste patologie comportamentali, ma si può solo ricorrere alla condivisione di quelle evidenze che potrebbero gradualmente mitigare i contegni scomposti degli investitori in presenza di forte volatilità.
Una visione obiettiva del mercato dovrebbe ricordare a chi investe che, in ogni giorno di negoziazione nella storia, si sono verificati (e si verificheranno) casi a supporto sia dell’ottimismo che del pessimismo, motivi convincenti per acquistare o per vendere. Allo stesso modo, bisogna anche ricordare che ogni singola transazione coinvolge due soggetti: un acquirente e un venditore, ognuno dei quali, con la propria testa e col proprio cuore, crede di poter ottenere l’esito migliore in quella transazione.
L’avversione miopica alla perdita spiega, almeno in parte, la ragione per la quale innatamente gli individui – in campo economico, e non solo – sopravvalutano le perdite e ne amplificano il dolore, mentre sottopesano i guadagni e la relativa gratificazione. Al contempo, tendono a sovrastimare ciò che è accaduto più di recente, mentre sottovalutano il risultato più probabile a lungo termine, incappando in ciò che in letteratura scientifica è noto come recency bias.
Strategia e disciplina
Queste consapevolezze, che un tempo erano ignote, dovrebbero rappresentare un punto di partenza per una profonda e congiunta riflessione dei clienti e dei propri consulenti, utile per comprendere che la propria volatilità emotiva riflette e amplifica, come un’eco tanto intensa quanto indesiderata, la volatilità dei mercati. A differenza di quest’ultima, tuttavia, la sua persistenza può essere maggiore e i suoi effetti più devastanti.
Diversi studi evidenziano come perdere i migliori giorni di mercato su archi temporali di medio-lungo termine possa tradursi nella perdita di occasioni di performance difficilmente ripetibili. Intuitivamente, i migliori giorni sono proprio quelli successivi a cali significativi dei mercati.

Fonte: Bloomberg – GSAM
Tuttavia, il panico generato dalla credenza che “stavolta è diverso” e la frenesia di disinvestire per il timore di veder dileguare i propri risparmi fa detonare meccanismi difficili poi da ricomporre in tempi brevi.
La disciplina è di gran lunga più importante di qualsiasi forma di tempismo e la sua efficacia è visibile solo a chi ha pazienza e obiettivi chiari. Nella pratica, questo non significa affatto ridursi all’inazione, ma imparare a sfruttare a proprio vantaggio i momenti di volatilità emotiva collettiva e seguire il consiglio funzionale di fare il contrario di ciò che fa la massa, riequilibrando strategicamente il proprio portafoglio.
Ascoltate il guru, ma non imitatelo
La grandezza di Warren Buffet come investitore è incontestabile e i risultati delle scelte di investimento sue e del suo fedele socio e amico Charlie Munger sono sotto gli occhi di tutti. Il loro modus operandi, però, è difficilmente replicabile, poiché richiede un approccio misto – fatto di competenze e di psicologia – frutto di un’esperienza e di una disciplina mentale fuori dal comune.
Non si può dimenticare che Benjamin Graham, il maestro di Buffet, ricordava sempre che “per la maggior parte del tempo le azioni ordinarie sono soggette a fluttuazioni di prezzo irrazionali ed eccessive in entrambe le direzioni, come conseguenza diretta della tendenza radicata di certe persone a speculare o a scommettere, cioè a dar voce a speranza, paura e avidità”.
Convinto in modo assoluto di questa verità, Buffet non è mai stato interessato a quelle fluttuazioni e, anzi, ha sempre cercato (riuscendoci brillantemente) di avvantaggiarsene tutte le volte che è stato possibile. E c’è da giurare che continuerà a farlo fino a che potrà. Il suo invito a essere avidi quando tutti hanno paura ed essere prudenti quando tutti sono avidi è l’inno al buon senso, ma non per questo semplice da applicare.
Bisogna sfuggire, invece, alla presunzione di poterne imitare agevolmente tale approccio, che peraltro nega la bontà della diversificazione. È noto, infatti, che secondo Buffet, “la diversificazione serva da protezione contro l’ignoranza e se volete essere certi che non vi accada qualcosa di brutto, semplicemente per il fatto di trovarvi sul mercato, dovreste possedere tutto. Non c’è niente di sbagliato in questo, è un approccio assolutamente ragionevole per qualcuno che non sappia eseguire un’analisi finanziaria”.
La volatilità emotiva tenuta al guinzaglio
A questo punto è chiaro che la volatilità emotiva (del singolo e della massa) è ben più pericolosa e deleteria della volatilità dei mercati, la quale – se ben sfruttata – rappresenta invece un’occasione succulenta di cui un investitore con un’ottica strategica dovrebbe semplicemente approfittare senza ritegno.
La determinazione di sopportare la propria volatilità emotiva premierà l’investitore disciplinato, che scoprirà che spesso le ricompense più grandi seguono immediatamente le fasi più turbolente dei mercati. La più grande follia sta nel tentare di pronosticare con precisione quando inizieranno e finiranno questi momenti di volatilità. Che sia motivata dalla paura o dal cieco orgoglio, è proprio l’attività di previsione che tormenta maggiormente gli investitori.
Più il portafoglio è aderente ai propri obiettivi, e rispecchia in modo chiaro gli orizzonti temporali di riferimento, più si potrà guardare alla volatilità come a un ospite saltuario dei mercati, che tuttavia ha l’abitudine di presentarsi senza alcun preavviso. Essere investiti in modo realmente diversificato permetterà di ignorare quella presenza e di coltivare la certezza di trovarsi su un binario che seppur tra curve cieche, salite ripide e discese mozzafiato, porterà all’unica meta che conta davvero: la realizzazione dei propri progetti di vita.


