Versamenti sul conto corrente del figlio: non sempre si tratta di donazione

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Un dubbio ricorrente

Il tema in questione è di grande attualità e non sempre i cittadini conoscono le implicazioni dei movimenti di denaro tra i propri conti correnti e quelli dei congiunti.

Un esempio pratico è quello che è stato preso in esame dall’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 205 del 9 luglio 2020 posto da un contribuente divorziato.

Il caso in questione prende spunto dalla sentenza di un tribunale che ha sancito la cessazione degli effetti civili di un matrimonio, vale a dire il divorzio di una coppia con due figli minori.

Nella sentenza viene stabilito che il padre debba riconoscere ai figli una somma di denaro, che dovrà restare vincolata fino al loro 25° anno di età, e che eventuali rendite che ne dovessero derivare siano depositate, in modo vincolato, su conti o libretti intestati ai figli stessi.

Volendo ottemperare a quanto stabilito dai giudici, il padre chiede che l’importo stabilito sia versato su due conti correnti, con relativo dossier titoli; tuttavia, egli fa presente che – non potendo i figli essere intestatari a causa della minore età – reputa necessario cointestare i conti a firma congiunta a lui e alla propria ex-coniuge.

L’interpretazione dal contribuente

A tale scopo, chiede se le somme depositate sui conti in questione – essendo di fatto di proprietà dei figli – possano essere considerate o meno delle liberalità indirette nei confronti della cointestataria e, quindi, essere passibili di imposta di donazione. Dal canto suo, egli ritiene che non si tratti di una fattispecie donativa, dal momento che la cointestazione è strumentale al rispetto di quanto dettato dalla sentenza e sottolinea che non c’è alcun intento di procurare arricchimento all’ex-coniuge.

Secondo la sua interpretazione, la cointestazione genera infatti “una titolarità meramente formale per legittimare la cointestataria ad operare sul conto, senza trasferire la titolarità del credito”; il tutto finalizzato alla sicurezza economica futura dei figli, unici reali beneficiari e titolari di quelle somme.

Già in passato, la Corte di Cassazione ha ricompreso la cointestazione dei conti correnti tra le ipotesi di donazioni indirette, ma ha anche dettato i termini per una corretta interpretazione delle varie fattispecie, sottolineando che è necessario lo scopo di liberalità tra cointestatario beneficiante e cointestatario beneficiario.

Tra le altre, la sentenza n. 13614 del 30 maggio 2013 della Suprema Corte affermava che “La cointestazione dei conti bancari autorizza il cointestatario ad eseguire tutte le operazioni consentite dalla cointestazione, ma non attribuisce al cointestatario, che sia consapevole dell’appartenenza ad altri delle somme affluite sui conti e dei relativi saldi, il potere di disporne come proprie”.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Anche alla luce di questi precedenti, il parere dell’Agenzia delle Entrate ha di fatto dato ragione all’interpellante, richiamando il dettame di cui all’art. 769 del codice civile: “La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.

L’Agenzia ha ribadito come nella donazione si debba rinvenire l’animus donandi del donante, con relativo depauperamento di quest’ultimo e arricchimento del donatario. Anche le donazioni indirette devono presentare caratteristiche analoghe, sebbene la loro concretezza nasca da atti diversi da quello di donazione.

Ne deriva che, sia per le donazioni dirette che per quelle indirette, risulta fondamentale lo spirito di liberalità e la volontà autonoma del donante di attribuire un vantaggio patrimoniale al donatario, senza che ci sia alcuna costrizione dettata da un vincolo giuridico o extra giuridico.
“Pertanto – recita la risposta all’interpello – se l’attribuzione è posta in essere per adempiere ad un obbligo giuridico, manca lo spirito di liberalità.

Inoltre, la modalità della firma congiunta impedisce che un singolo cointestatario possa operare sul conto senza l’autorizzazione dell’altro. Nel caso in questione lo strumento cointestato non può che essere realmente gestito nell’esclusivo interesse economico dei figli, rappresentando l’adempimento di un obbligo sancito dalla sentenza di divorzio.

Non fare di tutte le erbe un fascio

Questo caso deve far riflettere consulenti e clienti sulla necessità di porre estrema attenzione alla pratica usuale di trasferire denaro tra conti correnti. Ci sono aspetti di natura civilistica e fiscale che non vanno sottovalutati. Una buona consulenza serve a chiarire dubbi o perplessità.

Le situazioni non sono tutte uguali ed è necessario analizzare le singole fattispecie evitando facili, quanto pericolose, generalizzazioni. Si sa che la legge non ammette ignoranza, tuttavia, più frequentemente, a scatenare implicazioni sgradite non è tanto l’ignoranza, quanto l’impudenza (oltre che l’imprudenza) di fare le cose confidando di farla sempre franca.

Il sentiero della consapevolezza e della volontà di agire secondo i dispostivi di legge è ancora poco trafficato.

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