


Perché non istituire un Fondo di Solidarietà Covid-19?
In questi giorni, in Europa, in prosecuzione con quanto già accaduto nelle ultime settimane, si continua a discutere (ancora infruttuosamente) della necessità di individuare uno strumento idoneo a finanziare le ingenti spese governative che gli Stati devono approntare per limitare gli enormi danni economici che le misure di contrasto alla diffusione del coronavirus stanno producendo e determineranno su famiglie e imprese per i mesi a venire.
Ad oggi infatti, l’unico vero minimo comune denominatore che lega i Paesi dell’Eurozona, è dato dalla politica monetaria che, dopo i primi “tentennamenti” di Christine Lagarde, ha fortunatamente partorito l’ennesimo piano di Quantitative Easing per calmierare i tassi di finanziamento del debito pubblico fino alla fine del 2020.
Per quanto concerne la politica fiscale, essa resta sempre delegata ai singoli Stati. “Vecchi strumenti” come il MES sono chiaramente inadatti per la gestione di questa crisi, dato che le condizionalità richieste a seguito dell’erogazione di finanziamenti a singoli Stati lo rendono poco appetibile per Paesi come l’Italia, che si ritroverebbero a dover rispettare negli anni a venire condizioni estremamente rigorose (di fatto insostenibili) sul fronte della politica fiscale.

I tanto decantati Eurobond, eventualmente ribattezzabili “CoronaBond” nell’attuale scenario, sono osteggiati dai Paesi Core dell’area Euro, in primis Germania e Olanda, che non accettano in alcun modo forme di mutualizzazione del debito, col timore che altri Paesi (come l’Italia) possano essere insolventi quando l’emergenza sarà finita, facendo ricadere il peso sui contribuenti tedeschi, olandesi, etc.
Il Fondo di Solidarietà Covid-19 potrebbe essere una soluzione
Perché allora non pensare all’istituzione di un Fondo di Solidarietà Covid-19 dedicato all’occasione, con nuove regole a tutela di tutti i 19 Stati membri dell’Eurozona?
Immaginando emissioni di bond da parte di tale fondo per mille miliardi di euro (metà di quanto gli USA stanno per mettere a disposizione per fronteggiare la crisi), sarebbe interessante pensare che tali risorse possano essere gestite secondo una nuova modalità, la quale possa soddisfare le “esigenze” degli uni e lenire le “paure” degli altri.
La gestione dovrebbe, cioè, avvenire a livello centralizzato dall’Europa, prevedendo l’attribuzione di un potere esecutivo sovranazionale limitato agli interventi che richiedono l’utilizzo delle risorse del Fondo di Solidarietà, in coordinamento con i Governi dei Singoli Paesi aderenti. Le difficoltà istitutive del quadro normativo che regolamenti una sorta di Governo Europeo, sebbene limitato alle decisioni di spesa delle risorse del fondo all’interno dei singoli Stati, sarebbero tutt’altro che banali; tuttavia, questo step costituirebbe un primo vero tentativo di accentramento della politica fiscale dell’Eurozona, che fino ad oggi è stato solo “pensato”, ma che non ha mai potuto godere di una reale ipotesi di fattibilità.
Le politiche di sostegno alle famiglie e alle imprese, finanziabili dal Fondo di Solidarietà Covid-19, dovrebbero infatti essere coordinate a livello centrale e monitorate nella loro effettiva e corretta applicazione, a tutela di tutti i Paesi aderenti. Che si tratti di “redditi di cittadinanza europea”, di coperture per i lavoratori, di supporto alle imprese, di sostegno delle strutture sanitarie, etc., il tutto dovrebbe essere stabilito e uniformato a livello di “Governo Centrale dell’Eurozona”, prima di trovare applicazione nei singoli Stati. Chiaramente, anche i sistemi di supervisione e monitoraggio dovrebbero essere coordinati a livello centrale per garantire un corretto utilizzo delle risorse stanziate e il rispetto delle norme (con presidi di contrasto, ad esempio, ai tanti episodi corruttivi e alle probabili infiltrazioni della malavita organizzata).
Il Fondo di Solidarietà come forma di mutualizzazione del debito
Un tale Fondo di Solidarietà, per via delle implicazioni istitutive e di governo, potrebbe rappresentare un primo vero esperimento di cessione delle sovranità nazionali finalizzato al raggiungimento di obiettivi comuni, presupposto indispensabile per la mutualizzazione condivisa di qualsiasi forma di debito pubblico presente e futuro.
È difficile, infatti, pensare a qualsiasi forma di condivisione del debito in assenza di un effettivo potere di “controllo” da parte di coloro che esprimono una forma di garanzia, seppur solidale.
D’altra parte non è nuova l’emersione di un aspetto latente, ma maggiormente critico di questa Europa: l’effettiva assenza di coordinamento tra politica economica (esercitata dalla BCE) e politica fiscale (demandata ai singoli Stati). Un vero e proprio peccato originale che, finchè resterà tale, farà vacillare l’Unione proprio nei momenti di maggiore difficoltà ed emergenza, ovvero proprio quando dovrebbero emergere le logiche di coesione che ne hanno caratterizzato – almeno sulla carta – le ragioni storiche della sua creazione.
È un passaggio cruciale che va affrontato ad ogni costo; non farlo significa imboccare pericolosamente quella strettoia in cui si materializza il rischio concreto di una disgregazione irreversibile.


