Mercati senza cuore e consulenti da strapazzo

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C’era una volta…un anno fa!

Poco più di un anno fa il mondo assisteva all’avvio dell’ennesima guerra, un conflitto, quello russo-ucraino, dalla radici lontane e che, come sempre accade dalla notte dei tempi, divide popoli e opinioni. A distanza di 12 mesi la situazione sembra ancora ingarbugliata, per via dell’inasprimento delle tensioni geopolitiche, e l’esito delle ostilità rappresenta un’incognita su cui è difficile esprimersi, sebbene – anche in questo caso – come accade per le previsioni economiche, c’è chi scommette in un senso e chi scommette nel senso opposto.

E poco più di un anno fa si concludeva una settimana a dir poco complicata, con il mercato che entrava in una fase di correzione; gli indici tracciavano movimenti violenti, che sembravano testare senza pietà le coronarie degli investitori e facevano emergere un quadro impietoso in cui i mercati, come sosteneva qualcuno, parevano diabolicamente senza cuore. Si aggiunga che, da un anno a questa parte, aleggia il dubbio che gli operatori guardino con più interesse e preoccupazione alle scelte e ai movimenti dei governatori delle Banche Centrali, che non alle scelte e ai movimenti dei contendenti sul fronte bellico. 

Cosa fanno i mercati?

Nessuno sa perché il mercato fa quello che fa; soprattutto, a breve termine esso è lo specchio multiforme dei calcoli, delle aspettative, degli innumerevoli pronostici e delle emozioni di milioni di cuori di investitori che sperano, speculano e prendono decisioni, illudendosi di farlo con la mente. C’è chi ostenta ipotesi e metodi che dovrebbero aiutare le persone a razionalizzare, ma tutte le ipotesi e i metodi proposti sono in definitiva accademici e sembrano ignorare l’impasse cognitivo con cui quotidianamente bisogna fare i conti.

Evitare il dolore dei mercati è impossibile e chi ci prova rischia di incappare in cure che si rivelano spesso peggiori del male. Resta il fatto che i mercati sembrano farsi beffe e ignorare quei dolori e tutte le maledizioni connesse, che nascono dall’assunto sbagliato che ci siano segreti da conoscere per vincere ogni scommessa. I rendimenti attesi nel lungo termine, che spesso si rivelano più generosi, sono solo il frutto di un’opportuna pazienza e della consapevolezza che le reazioni scomposte fanno certamente più danni di sagge azioni pianificate.

Investitori e strategie

Non esiste la miglior strategia di investimento in assoluto, tanto più che dovrebbe essere proprio la strategia ad adattarsi all’investitore, e non viceversa. Le strategie vanno individuate in base alla rotta di navigazione prescelta, determinata a sua volta dalle mete della propria vita; in tal senso, invece, dagli addetti ai lavori arrivano messaggi fuorvianti che servono solo ad accrescere il senso di disorientamento di quei clienti che, invece che con sapienti timonieri, si ritrovano spesso a che fare con saccenti professorini.

Sbandierare convincimenti granitici, quando si consiglia su come investire, può essere utile a ringalluzzire il proprio ego, ma non serve a molto a chi ha la primaria necessità di capire quale sia il metodo e la strategia più idonei per sé e per la propria situazione. Insieme ai comportamenti bisogna imparare a studiare le persone, magari rammentando (a loro come a sé stessi) che il passato può offrire conforto, poiché è già svelato, ma non rappresenta un consigliere affidabile riguardo al futuro.

I consulenti non conoscono il futuro

Una serie di fattori di diversa natura spinge inconsapevolmente molti investitori a ritenere che ci siano figure professionali che debbano sapere che tempo farà domani sui mercati finanziari. È evidente che sia qualcosa di poco razionale, tuttavia è un tratto del nostro “essere umani” che ha molteplici implicazioni. Le persone non amano l’ignoto, in nessun ambito, tanto meno quando ci sono di mezzo le loro risorse monetarie; per questo, si lasciano abbagliare da chi vende soluzioni che abbiano il pregio di poter essere percepite come efficaci e di impatto nel breve.

Lasciamo che siano gli economisti a dilettarsi in previsioni che, alla prova del tempo, si rivelano quasi sempre totalmente sbagliate. Il loro ricorso alla matematizzazione smodata è causa ed effetto della loro irrefrenabile illusione deterministica e alimenta l’abbaglio di piegare una realtà sempre più complessa a formule fredde che funzionano solo sui fogli di calcolo dei loro laptop.
I professionisti della finanza che assistono direttamente i clienti, e che ne condividono le frequenti tempeste emotive, non devono cadere nello stesso errore, persino se questo costasse ricevere in cambio da quegli stessi clienti una buona dose di biasimo malcelato o la spregevole etichetta di “consulenti da strapazzo”.

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