


Gli obiettivi indicano la meta, non la strada!
I consulenti che a vario titolo si occupano di finanza non sono certamente tutti uguali. Tuttavia, quando la maggior parte di loro si approccia per la prima volta a una clientela prospect, tende a illustrare la propria come un’attività incentrata sulla corretta individuazione degli obiettivi di investimento e di tutela, sottolineando al potenziale cliente il concetto secondo cui il futuro operato mirerà soprattutto al raggiungimento di quei traguardi.
Identificare gli obiettivi è, peraltro, un passaggio tra i più significativi anche nella fase di compilazione del questionario di profilatura richiesto dalla normativa, che lo considera giustamente uno step ineludibile per l’impostazione che ne deriverà in sede di asset allocation. In altre parole, al cliente vengono poste domande che lo sollecitano a esprimersi circa i suoi obiettivi di investimento e i tempi entro cui intende realizzarli. Quanto le sue risposte siano aderenti alla realtà è tutt’altra faccenda.
Sin dalle prime fasi, quindi, il consulente presenta il proprio modus operandi e generalmente sottolinea che le indicazioni e le raccomandazioni che fornirà in seguito – qualora l’interlocutore diventerà suo cliente – saranno mirate in particolare a far perseguire gli obiettivi che quest’ultimo gli comunicherà. Semplificando, il presupposto è che gli obiettivi siano non solo i traguardi verso cui tendere, ma anche i driver della relazione stessa.
Evitare i malintesi
Sebbene sia lecito considerare gli obiettivi del cliente un fulcro necessario per la corretta gestione dei suoi futuri investimenti, sono del parere che all’inizio della relazione professionale non sempre venga data la debita attenzione e il giusto peso alle aspettative del cliente stesso. Sono queste, infatti, a dare un indirizzo piuttosto preciso a ciò che accadrà successivamente e a far sì che il cliente, consciamente o no, si riterrà più o meno soddisfatto del rapporto col proprio consulente.
Ignorare le aspettative del cliente – o, addirittura, violarle – equivale ad avviare nel peggiore dei modi un iter che ha la legittima pretesa di durare nel tempo. Può succedere che, pur in buona fede, anche un consulente esperto cada nell’equivoco di considerare aspettative, esigenze e obiettivi come elementi interscambiabili se non persino equivalenti. Niente di più ingannevole e, quindi, di più pericoloso per la salute del neo-nascente legame col cliente.
È necessario avere le idee chiare su come trattare questi tre aspetti e, eventualmente, fare chiarezza col cliente per evitare di incappare in inutili trame psicologiche intessute con le proprie mani. Non è raro, infatti, che molte relazioni professionali inizino con dei malintesi a causa della mancata decifrazione delle aspettative dei clienti; non è raro che poi molte di queste relazioni – tra stupore e disinganno – abbiano, prima o dopo, esiti infelici per questa ragione.
Quando la consulenza inciampa
Ti chiedo di fare un piccolo sforzo e di tornare con la mente a una qualche situazione in cui da cliente hai provato sentimenti di disagio o di frustrazione. Prova poi a pensare a una circostanza in cui come figlio, partner, amico o collega hai sperimentato un senso di delusione o di sconforto. Cos’è successo? Quasi certamente, in quei frangenti, hai patito gli effetti di una o più aspettative infrante. Poco importa che non fosse reale intenzione dell’altro assumere un comportamento tale da creare in te quello stato d’animo; è successo e basta, e tu ne hai pagato le conseguenze.
Le aspettative rappresentano un modo attraverso il quale la mente anticipa la realtà, se la prefigura, la disegna prima che accada. Sorvolo volutamente sulle varie teorie delle aspettative, limitandomi a segnalare come esse siano frutto di una pluralità di fattori che raramente riguardano i tuoi interlocutori. Le aspettative sono invece contaminate dalle tue credenze e dalle esperienze fatte, e il loro impatto sulla percezione soggettiva della realtà determina i giudizi su cosa e chi ti circonda. Funzioniamo così, che ci piaccia o meno!
All’atto pratico, se non indaghi inizialmente le aspettative del cliente, il processo consulenziale devierà dal suo binario ideale. Intendiamoci, esigenze e obiettivi sono importanti, ma il percorso per soddisfare le une e perseguire gli altri è da strutturare solo a seguito dell’apprendimento delle aspettative del tuo interlocutore.
1) Individuare le aspettative, 2) soddisfare le esigenze, 3) far perseguire gli obiettivi: una sequenza diversa, seppur possibile, rischierà di generare, nel consulente, nel cliente o in entrambi, un senso di indecifrabile disagio.
La disabitudine a pianificare per obiettivi
Se come consulente dai per scontato che il tuo nuovo cliente:
▶ sappia cosa voglia e sappia come ottenerlo;
▶ sappia cosa fai e come lo fai;
▶ condivida tacitamente il tuo metodo di lavoro;
▶ attribuisca la giusta importanza all’investire per obiettivi;
allora, rischi grosso o, semplicemente, senza rendertene conto sei intriso di overconfidence fino al collo. L’unico modo per far emergere e dare rilevo a questi aspetti sta nel chiedere, nello spiegare e nel condividere. E una volta finito, ricominciare daccapo.
La maggior parte dei clienti italiani non ha l’attitudine a pianificare e a investire per obiettivi di vita. Non sono abituati a farlo e, al netto di rare eccezioni, non lo fanno. Perché? Perché nessuno glielo ha insegnato. I loro genitori e i loro nonni mettevano i propri risparmi (e, forse, li mettono ancora) in buoni fruttiferi vincolati o in depositi a vista, allo scopo di racimolare qualcosa che, nel premiare la loro pazienza, desse la garanzia di dormire sonni tranquilli. Comportamenti atavici e convinzioni radicate non si cambiano schioccando le dita o inneggiando agli approcci dei più grandi investitori viventi.
Warren Buffet e i pochissimi che riescono a metterne in pratica il verbo rappresentano l’eccezione non la regola, né un benchmark per valutare il proprio pedigree di investitore; in realtà, il rischio è di far sembrare semplice o facile qualcosa che non lo è. Tirare in ballo in continuazione personaggi di tale calibro non genera autorevolezza, ma al contrario può portare i clienti-risparmiatori a un senso di inadeguatezza. Essi avvertono quanto risulti doloroso e controintuitivo per il loro presente seguire i consigli dei guru.
Riconoscere l’importanza delle aspettative
Nell’economia di un rapporto professionale, ignorare le aspettative del cliente, disinteressarsene o deluderle è molto peggio del non centrare un suo obiettivo di investimento. Non di rado, sono gli obiettivi stessi del cliente (insieme alle loro variabili) a essere la conseguenza di una o più delle loro aspettative. Queste ultime sono un fattore fondamentale che va conosciuto e analizzato dal consulente, senza cadere nella trappola di giudizi superficiali.
▶ Quali sono le aspettative che nutre nei confronti di chi fa il mio lavoro?
▶ Cosa si aspetta in particolare da me come professionista?
▶ Cosa deve accadere affinché lei si possa ritenere soddisfatto di avermi come consulente in questo ambito?
Sono solo alcune delle possibili domande dirette funzionali per entrare nel merito o per individuare i reali driver che motivano il cliente. Le sue risposte saranno utili per capire se ci sono i presupposti per un ideale allineamento tra le sue attese e il metodo di lavoro del consulente.
Può essere utile ricordare che le ricerche empiriche fanno emergere come l’empatia, il parlare con chiarezza e l’essere di supporto nelle fasi più critiche rappresentino “attese” a cui il cliente conferisce una notevole importanza. Mettersi, quindi, nella condizione mentale di considerare le aspettative, soprattutto quelle iniziali, come una discriminante basilare può fare la fortuna del rapporto col cliente. Dopotutto, un vecchio adagio suggerisce che “Chi ben comincia è a metà dell’opera”: è sufficiente ricordarlo tutte le volte che è necessario.


