


Lagarde e la gaffe: come far rimpiangere Draghi
Giovedì 12 marzo 2020, ore 18.00: una giornata che i mercati ricorderanno; una giornata che tutti noi ricorderemo per molto tempo. Forse per sempre. La più nera della storia. Una caduta libera dei listini che non può non impressionare; un’altra, dopo un lunedì alquanto cupo. Tutta colpa del coronavirus? Non solo.

Gli aggettivi roboanti usati per descrivere la situazione attuale si moltiplicano e io non voglio dare in tal senso nessun contributo. Prendo atto che le testate giornalistiche, ritenendo di fare il loro dovere, enfatizzano con affermazioni apocalittiche uno scenario di per sé già sufficientemente preoccupante. Nelle persone le emozioni che creano frustrazione e angoscia si amplificano come una palla di neve che diventa valanga.
Gli esperti dicono che il vaccino del covid-19 non sarà trovato a breve. Non sappiamo se sarà così e non sappiamo quanto tempo ci vorrà per sintetizzare i primi farmaci antagonisti di questo virus.
Tuttavia, c’è un altro antidoto che in momenti come questi sarebbe estremamente utile e assai importante utilizzare: il vaccino della “rassicurazione”. E in teoria, ci sono figure che questa dotazione dovrebbero possederla da default per il ruolo che rivestono, ma in pratica non è così.
I mercati, prima che di professionisti, sono fatti di essere umani; e, come tutti gli esseri umani, in momenti come questi, si aggrappano a parole, gesti, mimica e sensazioni.
Oggi, più di qualsiasi altro dato sanitario, i mercati avevamo bisogno di essere tranquillizzati su altri fronti. C’era bisogno che, chi poteva, desse un messaggio appunto rassicurante, confortante, non contenutisticamente risolutivo. Oggi quel compito era affidato alla BCE, nella figura del suo massimo esponente. E oggi Christine Lagarde ha parlato. Purtroppo!
Oggi (forse) abbiamo capito l’adeguatezza di Mario Draghi in quel ruolo, in quel frangente; soprattutto in momenti come questi. Oggi abbiamo capito gli effetti lenitivi di quel “Whatever It Takes”. Oggi, c’era soprattutto bisogno di questo. Ma non c’è stato, e i mercati (che sono fatti di esseri umani e non solo di algoritmi) hanno reagito come reagiscono le persone in uno stato di ansia e di profondo disagio.
Non sono affatto un tifoso di Draghi, sono solo un convinto sostenitore che il “come” si dicono le cose, abbia più importanza del “cosa” si dice: questa differenza fa la differenza. Tutto qua!
Mi limito a mettere in evidenza (non sono il primo e non sarò l’ultimo a farlo) che, nei momenti topici, Draghi ha saputo manifestare quella dote e ha saputo usare quell’antidoto. La sua succeditrice – al primo vero giro della morte – si è schiantata in maniera clamorosa, portandosi dietro le imprecazioni degli operatori e un’incredibile manciata di punti percentuali su tutti i listini del pianeta.

Eppure, sarebbe bastato poco: uno sguardo più materno, occhi meno sgranati, parole più misurate e quella carezza emotiva che i mercati aspettavano, magari facendo trapelare una dissimulata certezza che per oggi è solo un corale auspicio: “Ha da passà ‘a nuttata!”


