


Nel giro di pochi mesi, il Covid-19 è diventato il nemico pubblico n. 1!
In ogni angolo del pianeta, si vive una situazione inimmaginabile fino a poco tempo fa. In Italia, le persone stanno chiuse in casa, obbedendo ai decreti dei governanti, che obbediscono alle indicazioni date dagli esperti, che analizzano i numeri dei contagiati e dei decessi per comprendere l’evolvere della situazione e per capire quali indicazioni dare ai governanti.
Tuttavia, gli esperti sembrano divisi in fazioni contrapposte e, quando sono chiamati ad esprimersi, lo fanno in un modo che confonde, invece che chiarire.
Un premio Nobel dice la sua sulla genesi del virus, ma una federazione di scienziati lo sconfessa, affermando che non bisogna fidarsi di un premio Nobel. Un virologo di fama internazionale dice che il vaccino non serve, ma un divulgatore scientifico (frequentatore abituale di studi televisivi) lo osteggia, sostenendo che solo il vaccino può salvarci.

Nel frattempo, le persone – chiuse in casa da oltre un mese – fanno incetta di annunci, di interviste, di trasmissioni monotema e faticano ad orientarsi tra notizie e informazioni contraddittorie. Figuriamoci a comprendere quello che ancora può succedere. Ma mettiamoci l’anima in pace: giornali, tg e talk-show non hanno alcun interesse a sfornare notizie che non abbiano toni eclatanti o, peggio, terrificanti.
Siamo nel bel mezzo di un’infodemia cognitiva
Infodemia è un termine comparso per la prima volta nel 2003, coniato dal professor David J. Rothkopf, che ne parla in un suo articolo (When the Buzz Bites Back) sul Washington Post. Il termine Infodemic ha fatto il suo ingresso nei documenti ufficiali dell’OMS.
Secondo la Treccani, l’infodemia è la “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.”
Non c’è ancora il vaccino per il Covid-19 e, certamente, non esiste vaccino contro l’infodemia. Ognuno deve attrezzarsi autonomamente e decidere come filtrare le notizie, chi le diffonde e chi le difende. Ammettiamolo, è un compito arduo in tutte le situazioni. A maggior ragione in questo frangente, in cui la percezione degli individui è alterata a causa dell’effetto panico.
Il contagio del paradosso
Il contagio informativo, al pari di quello del virus, ha messo fortemente sotto pressione la lucidità di tutti. Anche sui mercati finanziari non sono mancate situazioni apparentemente paradossali, come quelle che nelle passate settimane hanno caratterizzato l’andamento di borsa del titolo Constellation Brands, Inc., sancendone un tonfo clamoroso.

Nella fattispecie, pare che la colpa principale di questa società fosse quella di produrre la birra Corona. È bastata l’associazione verbale col Coronavirus per affossare il valore dell’azione sui listini americani.
Comportamenti paradossali come questi non sono una novità sui mercati e tra gli investitori. Pur nella loro apparente follia, essi trovano una spiegazione nei processi mentali degli individui, i quali creano associazioni sulla base di somiglianze che, pure, non hanno alcuna connessione logica tra di loro.
È possibile che l’economia comportamentale possa aiutare a mettere in atto azioni preventive?
Il decalogo veicolato dal Ministero della Salute contiene suggerimenti di buon senso (e di buona educazione), che bisognerebbe adottare sempre. Unitamente a quello che stiamo imparando sotto l’aspetto epidemiologico, gli interventi di economia comportamentale, che guidano verso pratiche virtuose di prevenzione, rappresentano un utile supporto nella ricerca delle soluzioni utili a disinnescare il prima possibile questa minaccia.
Uno studio effettuato da Johannes Haushofer e Jessica Metcalf dell’Università di Princeton sottolinea che alcuni interventi di economia comportamentale (come ad esempio il lancio di campagne emozionali di promozione dell’igiene) si sono dimostrati estremamente efficaci per stimolare il lavaggio delle mani. Curioso? Non per chi conosce come funziona il nostro cervello.
Il rischio dell’abbandono delle probabilità

In un post su Bloomberg Opinion, Cass Sunstein, (co-autore insieme a Richard Thaler del libro Nudge, la spinta gentile) spiega che le persone sono terrorizzate più di quanto non abbiano motivo di esserlo. Hanno un senso esagerato del proprio rischio personale. Perché questo accade? Sunstein attribuisce questo atteggiamento al cosiddetto probability neglect, cioè l’abbandono della probabilità. Esso si riferisce alla percezione esagerata delle persone circa la propria esposizione al rischio di contrarre il virus Covid-19.
L’economia comportamentale evidenzia la tendenza degli individui a ignorare le probabilità e dimostra come, ogni qualvolta un evento innesca emozioni negative, le persone tendono a concentrarsi esclusivamente sui suoi potenziali impatti. Il fatto che si tratti di un virus nuovo e che possa essere fatale è sufficiente per alimentare l’abbandono delle probabilità.
Una spinta gentile contro il Covid-19
Sunstein sottolinea quanto sia fondamentale per tutti pensare in termini di probabilità, onde evitare che la paura e i costi (sociali ed economici) relativi che ne conseguono si diffondano più di quanto dovrebbero. Questo significa che gli interventi da intraprendere dovrebbero tener conto di questa trascuratezza della probabilità, in modo da spingere verso i cambiamenti di comportamento desiderati, pur senza sottovalutare i rischi del Covid-19.
Eventuali interventi basati sull’economia comportamentale possono consentire di attuare cambiamenti a lungo termine, che possono tradursi in nuove virtuose abitudini e maggiori benefici per la salute di tutti. Di riflesso, questo permetterebbe di conseguire alcuni importanti risultati, tra cui:
- la riduzione del congestionamento del sistema sanitario;
- l’abbattimento del conseguente rischio di portare il sistema al collasso;
- la gestione più efficace della volatilità emotiva delle persone.
Come è noto, è soprattutto quest’ultima a generare comportamenti finanziariamente inadeguati e danni significativi ai propri obiettivi di investimento.


