


Le emozioni cambiano e ci cambiano
Torno con piacere sul tema delle emozioni e sulla loro “influenza nelle scelte finanziarie”.
Questo articolo, del quale in parecchi hanno apprezzato il passaggio in cui si fa riferimento alla rilevanza della componente emotiva in fase di pianificazione, ha riscosso un notevole interesse tra i lettori e ha prodotto non poche richieste di un’ulteriore appendice.
È noto che molti clienti cerchino rendimenti in tempi brevi e con rischi assai limitati, ignorando che si tratta di un proposito che non trova riscontro nella realtà finanziaria, dove ad una maggiore resa corrisponde necessariamente un azzardo più elevato. Nella mente, invece, questa relazione appare capovolta, ritenendo che sia “normale” associare ad un alto rischio minori benefici e viceversa. Ad alterare la percezione del rischio soggettivo c’è una serie di fattori che portano l’individuo ad assumere comportamenti studiati lungamente e tipizzati dalla finanza comportamentale.
Ciò che a mio parere, nelle analisi e nelle spiegazioni, dovrebbe essere ulteriormente evidenziato è proprio il ruolo e il peso specifico delle emozioni in questi meccanismi, i quali talvolta divengono persino automatici, impedendo di fatto una visione critica e obiettiva delle proprie decisioni. Va detto che alcune emozioni sono più potenti di altre e possono produrre effetti devastanti sui rendimenti di portafoglio.
Borsa: prima un luogo per pochi, poi un posto per tutti
Facciamo un passo indietro nel tempo per capire come le emozioni cominciarono ad avere un loro peso nelle negoziazioni a sfondo finanziario.
Sebbene ci siano già esempi di scambi documentati, risalenti all’epoca babilonese, dobbiamo aspettare il XIV secolo per vedere nascere in Belgio le prime vere contrattazioni di borsa, come parenti più prossime a ciò che conosciamo. La stessa parola “Borsa” è da ricondurre ad una nobile famiglia italiana di origine veneziana, i Dalla Borsa, trasferiti in quel periodo nelle Fiandre.
Proprio a Bruges, i Dalla Borsa (in fiammingo Van den Burse) erano diventati proprietari del palazzo Ter Burses (con locanda annessa) non distante da un posto dove si teneva una fiera che richiamava mercanti, artigiani, orafi e banchieri da ogni parte d’Europa. Pare che, una volta finita la fiera, costoro erano soliti terminare le loro contrattazioni proprio nei locali della famiglia Van den Burse (nome cambiato poi in Bourse). Col passare del tempo, quello divenne il luogo dove si conducevano e si perfezionavano operazioni di compravendite di merci, servizi e valori mobiliari.
Dopo quella di Bruges nacquero le borse di Anversa, Lione e Francoforte. Ci volle relativamente poco per assistere all’espansione di queste realtà, il cui compito era quello di far incontrare la domanda e l’offerta inerente a determinati strumenti finanziari che cominciavano a prendere piede. Quello che in origine era un posto fisico solo per gli addetti ai lavori, che si incontravano per perfezionare i loro scambi e i loro affari, nel tempo è divenuto un luogo virtuale dove chiunque può comprare e vendere una quantità innumerevoli di strumenti finanziari. Un luogo dove, insieme al denaro, si riversano e si alternano senza sosta le emozioni di tutti gli attori coinvolti.
Montagne russe emozionali
La storia ci ha abituato ad una rappresentazione grafica degli andamenti delle borse e dei mercati caratterizzata da oscillazioni con frequenza e ampiezza variabili. Da sensazioni di florido ottimismo si passa allo sconforto più assoluto, passando attraverso forme di esuberanza e di rifiuto. L’esperienza ci ha permesso di individuare le emozioni umane che meglio descrivono ogni salita e ogni discesa dei mercati stessi.

Tra queste ce ne sono due che potrebbero essere definite ancestrali. Esse danno una dimensione precisa agli stati d’animo che l’individuo sperimenta quando le “attraversa”: avidità e paura. Tuttavia, c’è un ulteriore elemento emotivo capace di generare comportamenti finanziariamente controproducenti, cioè il rammarico. Tutte queste emozioni hanno un’incidenza sostanziale in un processo di investimento, perché privano il soggetto di una componente che sarebbe fondamentale in tale processo: la lucidità.
Le fluttuazioni dei prezzi sono, pertanto, condizionate non solo dalle dinamiche endogene al loro sottostante, ma da emozioni che possono generare movimenti repentini in funzione di ciò che la massa percepisce. L’avidità di essere investiti nei momenti di euforia dei mercati, l’ingordigia di realizzare forti guadagni immediati grazie al titolo o alla crypto del momento, il timore di “perdere il treno giusto”, il panico di sfuggire ad un ribasso travolgente che sembra senza fine: ognuno di questi elementi, reso esponenziale dalle influenze sociali, può far deflagrare i mercati.
Emozioni e investimenti
Non è raro che anche le scelte di investimento, effettuate insieme al proprio consulente in fase di pianificazione, vengano poi messe in discussione dai clienti non appena i mercati si ritrovano a fare i conti con dei brutti tonfi. In quei frangenti, per molti, la paura di vedere evaporare i propri soldi diventa così forte e insopportabile da lasciarsi andare a comportamenti poco più che istintivi.
I mercati sono certamente il posto peggiore dove testare le proprie emozioni, ma fino ad oggi sono servite a poco le esortazioni fatte ai risparmiatori di approcciarvi con ferree logiche di pianificazione e con l’ausilio di professionisti competenti. Gli investitori dovrebbero costruire le proprie strategie e i propri portafogli basandosi su ciò che per loro rappresenta un concreto progetto di vita. E finché quel progetto non viene portato a compimento, non bisognerebbe stravolgere la struttura di portafoglio realizzata a quel fine.
Questo approccio è chiaro sotto il profilo teorico, ma dannatamente difficile da realizzare nella pratica, proprio a causa delle interferenze emozionali che alterano in corso d’opera l’equilibrio e le convinzioni degli investitori, incrinandone le originarie aspettative e minandone le più solide certezze. Gli inviti a non guardare quotidianamente gli andamenti dei mercati cadono nel vuoto, perché a vincere è un particolare senso di sopravvivenza, che spinge ad un’attenzione spasmodica verso il presente immediato.
La pazzia delle folle
“Preso individualmente, ciascuno è tollerabilmente sensibile e ragionevole,
Friedrich von Shiller
ma come membro di una folla, subito diventa stupido.”
Nel 1841 Charles Mackay pubblicò il libro “La pazzia delle folle. Ovvero le grandi illusioni collettive” (ed. Il Sole 24Ore, 2000), nel quale racconta con dovizia di dettagli la storia dei bulbi dei tulipani nell’Olanda del 1600 e la smania di possesso che ne nacque, portando il loro prezzo a superare persino quello dell’oro. Tutto condito da un’avidità e da un ottimismo smodati che rovinarono la vita di molti “nuovi dilettanti” (come vennero definiti all’epoca): una schiera di tessitori, salumai, calzolai e contadini provenienti dalla vicina Francia e attratti da quella specie di Eldorado.
La storia si ripete, ma gli insegnamenti che ne derivano fanno fatica ad attecchire nella mente delle persone. Non a caso, anche in ambito economico e finanziario si parla di mode. Quando queste prendono il sopravvento, è estremamente complicato fermare le masse. Insieme alla storia, quindi, si ripetono errori che sembrano essere intrinseci a comportamenti degenerativi che sfociano in quelle che notoriamente vengono poi definite “bolle”. Sono proprio le emozioni a creare i presupposti per le bolle, ma la loro indeterminatezza (mentre tutto si sta compiendo) impedisce di fermarsi per tempo. Almeno fino al prossimo collasso.
La molteplicità degli investitori arriva a voler partecipare ai banchetti finanziari convinta che sia la volta buona, mossa da un eccesso di confidenza e da un’avidità alimentata anche ad arte, attraverso trappole psicologiche apparentemente invisibili.
Dalla Tulipomania alla Bolla dot.com passando attraverso quella della Compagnia dei Mari del Sud: cambiano i tempi, ma non le emozioni che determinano eventi e situazioni in cui è possibile individuare senza difficoltà elementi in comune. L’amplificazione di determinate emozioni, alimentata dall’istinto gregario, velocizza la sensazione di poter anticipare la realtà, arricchendosi a dismisura e in tempi brevi.
La memoria corta ha bisogno di consulenza
Nonostante sia noto anche ai piccoli risparmiatori che, oggi più che mai, le informazioni siano accessibili a tutti e fruibili in tempo reale, sembra che aspirare ad un mordi e fuggi redditizio sia più attraente di una pianificazione che, seppur con solide fondamenta, necessita però di tempo per produrre i suoi frutti. La fretta di guadagnare attira l’avidità e poi, spesso, lascia intrappolati nella stessa rete che si è intessuta. La paura di perdere alimenta un’avversione preventiva e porta ad accettare posizioni immobiliste, illudendosi che prima o poi arriverà l’occasione giusta per moltiplicare i propri risparmi, che nel frattempo languono senza prospettiva, come oggi sui conti correnti.
La consulenza nelle sue varie forme non può arginare i facili entusiasmi dei clienti né i loro timori più intensi. Può rappresentare, però, un utile appiglio per chi ha compreso che fare da soli non è sbagliato, ma comporta la capacità di non lasciarsi sopraffare da quelle emozioni che sopravvengono all’improvviso e che possono distruggere in un batter d’occhio ciò che è stato costruito nel tempo. Perché conoscere gli esiti nefasti che avidità e paura hanno cagionato nei secoli non è sufficiente per ritenersi immuni dalla loro influenza.
La consulenza e i consulenti preparati possono essere la garanzia che, quando occorre, la lucidità e l’equilibrio non saranno spazzati via senza preavviso.


