2021: una benedizione pericolosa

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Come si è comportato il tuo portafoglio?

Se anche il 2021 ha lasciato l’amaro in bocca per la perdurante emergenza pandemica, non si può dire altrettanto sul fronte dei mercati, dal momento che sia quello statunitense che quelli europei hanno messo a segno risultati di tutto rispetto. A questo si aggiunga che è cresciuto in modo incredibile (di oltre il 70%) anche il private equity quotato e pure il settore immobiliare ha fatto felici i propri investitori.

Assenti da questo banchetto, almeno per il 2021, i mercati emergenti, molti bond governativi e l’oro. Insomma, una buona asset allocation ha (o avrebbe) garantito alla maggior parte degli investitori dei ritorni assai soddisfacenti. Tuttavia, molti esperti definiscono il 2021 una “benedizione pericolosa”. Cerchiamo di capire il perché.

Le ricerche degli ultimi decenni sulla finanza comportamentale ci hanno svelato quanto le preferenze degli investitori, e la loro relativa tolleranza al rischio, possano essere fortemente condizionate dalle esperienze passate, soprattutto da quelle più recenti. Poco importa se i soggetti siano, o ritengano di essere, sofisticati o emotivamente allenati a queste situazioni: il cosiddetto Disposition Effect colpisce, comunque, senza pietà.

Le consuete insidie del fai-da-te

I destinatari di questo monito sono soprattutto i soggetti “fai-da-te” che si dilettano nella compravendita di titoli singoli. L’effetto disposizione evidenzia la tendenza di chi investe a vendere i titoli su cui sta guadagnando, rinunciando a possibili guadagni futuri, e a mantenere in portafoglio titoli in perdita (talvolta, senza concrete prospettive di ripresa). Quindi, che fare dopo un anno come il 2021?

Niente previsioni! La verità è che nessuno può dare risposte certe in tal senso, poiché molto dipende dalla psicologia del singolo investitore. Quello che sappiamo su questo bias, però, può essere d’aiuto per coloro che si rivedono in questa condizione. L’effetto disposizione funziona in situazioni di guadagni o perdite non ancora conseguiti, mentre non ha rilevanza quando gli uni o le altre sono state effettivamente realizzati.

In altre parole, gli individui incappano in questa distorsione quando si trovano di fronte a una perdita virtuale, perché alimentano la speranza che l’attesa possa riportare il valore del titolo almeno vicino al prezzo di ingresso, se non addirittura farli guadagnare. Se, invece, gli stessi soggetti hanno fattivamente realizzato in passato una perdita su quello stesso titolo, allora saranno avversi a investirvi nuovamente e, più in generale, a investire su titoli azionari.

La conoscenza aiuta, ma non sempre è sufficiente

Clienti e consulenti, ognuno dal proprio punto di osservazione, sanno bene che le cose stanno così e non è facile gestire emotivamente simili circostanze. È assodato che la conoscenza e i buoni propositi non siano sempre sufficienti a limitare le conseguenze dei bias cognitivi ed emotivi, ma è pur sempre meglio di niente. Di certo, è molto peggio sperimentare tali situazioni senza comprendere il perché di certe percezioni e propensioni.

Cosa succede, invece, quando ci si confronta con guadagni virtuali o realmente realizzati? Anche qui, le spinte emotive possono prendere il sopravvento e portare a decisioni quantomeno discutibili. Gli investitori che si trovano a decidere in merito a un guadagno ancora non conseguito saranno più portati a vendere, concretizzando quel guadagno, anche a dispetto di potenzialità del titolo (o dello strumento finanziario) non ancora espresse dal suo valore di mercato. Si consoleranno ripetendosi il vecchio adagio “Vendi e pentiti”: un lenitivo storicamente miracoloso per non dolersi di aver abbandonato troppo presto un cavallo vincente.

Attenzione però! Questi investitori, che hanno venduto realizzando un guadagno, saranno molto ottimisti circa le loro capacità e saranno più propensi a rischiare, sentendosi dei piccoli prodigi del mordi-e-fuggi. Più operazioni chiuderanno in guadagno, più alimenteranno la propria idea di essere naturalmente talentuosi come speculatori. L’invincibilità è il loro prossimo traguardo, motivo per cui potrebbero decidere di aumentare la posta in gioco e impegnare somme più alte. Dopotutto, ritengono che per loro il mercato azionario non abbia più segreti.

La sfida che ti attende

Se ti rivedi in tutto questo, non prendertela per il sarcasmo delle ultime righe, ma fai molta attenzione a quella che è la vera sfida per te: sfuggire a questi tentacoli percettivi e a questi comportamenti da trader d’assalto. L’effetto disposizione – come molti bias – non si presenta mai in forma solitaria. Effetto Dunning-Kruger, errore di conferma, iper-ottimismo: sono solo alcuni dei suoi compagni di viaggio e non illuderti di poterne restare immune. A proposito, anche l’idea di poter sfuggire a questi bias … è un bias!

Se sei abituato al fai-da-te, devi imparare a ribilanciare il portafoglio quando occorre, distinguendo tra la necessità di un ribilanciamento strategico piuttosto che tattico. Una corretta impostazione ti permetterà di avere un portafoglio che esprima in modo adeguato la tua tolleranza la rischio. Sebbene quest’ultima non sia un parametro statico, dovrai sempre fare in modo che la struttura del tuo portafoglio la rispecchi il più possibile. Se non sai come fare, allora è opportuno consultarti con un consulente preparato in materia.

Non farti condizionare dall’osservazione degli asset che hanno performato molto e da quelli che non lo hanno fatto: non è detto che nel 2022 queste situazioni si ripeteranno. Basta guardare queste prime settimane per rendersene conto. Cerca, quindi, di perseguire una diversificazione funzionale e organizzati per resistere alle illusioni cognitive a cui il tuo cervello potrebbe esporti. Sfortunatamente, infatti, il cervello ama affidarsi al pensiero induttivo e a proiettare nel futuro le caratteristiche del presente.
È una forma di semplificazione che può portare a brutte sorprese, pertanto, è meglio attrezzarsi.

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